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dawnraptor

Italy

dawnraptor

Italy
Completed
A Familiar Stranger
0 people found this review helpful
Jan 9, 2023
18 of 18 episodes seen
Completed 0
Overall 7.5
Story 6.0
Acting/Cast 8.5
Music 7.0
Rewatch Value 6.0

Coppia carina e affiatata, trama deludente

Andrò controcorrente, perché tutto questo entusiasmo per questo titolo io non l'ho provato.

È un drama veramente peso piuma e si vede praticamente in ogni suo aspetto. Il fatto che sia condensato in diciotto episodi di soli 10 minuti giustifica solo parzialmente il pasticcio che è la trama: una accozzaglia di buchi, assurdità, comportamenti illogici, cose assolutamente non spiegate e buttate lì in un mucchio per alludere a uno svolgimento che in realtà non ha alcun senso.

Una giovane pittrice viene chiamata a eseguire un ritratto piuttosto osé di due amanti e dopo averlo fatto si risveglia con la faccia della donna protagonista della scena, figlia di un ministro. Viene quindi costretta a sposare al suo posto un generale e a cercare di trovare nella casa di costui una prova riguardo la morte del principe ereditario, col miraggio della ricompensa del ritrovamento della sorella perduta. Ma il generale è più furbo di quanto non sembri e si rende subito conto che la ragazza che ha sposato sembra serbare più di un segreto.

Mentre i costumi e le ambientazioni sono carini ma a malapena passabili e ci informano immediatamente del fatto che si tratti di un lavoro a basso budget, la colonna sonora e gli effetti sonori speciali non aiutano certo a cambiare idea. I due protagonisti però si difendono molto bene sia come avvenenza che come recitazione. Specialmente il protagonista Ryan Cheng sembra il fratellino più giovane di Allen Ren, ma anche gli attori di contorno fanno tutto sommato un lavoro al di sopra del minimo edittale.

Ciò che veramente è sconfortante è, come già detto, lo svolgimento della storia, che non spiega quasi nulla di come l'elemento soprannaturale possa essere venuto ad essere, nonostante ci sia un colpo di scena non completamente previsto che però tutto sommato, aggiunto al grosso pasticcio che è la storia, più che sorprendere fa cadere le braccia. Probabilmente la vicenda avrebbe avuto bisogno di qualche episodio di più per essere sviluppata in maniera decente, pur senza andare a cadere nei vari riempitivi di contorno che spesso ammorbano il genere. Sembra che purtroppo si vada da un opposto all'altro: titoli lunghissimi, infiniti, pieni di storie secondarie inutili, o serie condensatissime piene di azione e di accadimenti che si affastellano senza dare tempo allo spettatore di tirare il fiato.

Peccato. Si salva l'interpretazione degli attori principali e della bambina, veramente dolce e simpatica.
Soprattutto, la coppia principale ha una chimica da paura e lui bacia da dio... questo da solo risolleva le sorti di almeno un punto.

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Completed
She and Her Perfect Husband
0 people found this review helpful
Dec 17, 2022
40 of 40 episodes seen
Completed 0
Overall 8.0
Story 9.0
Acting/Cast 8.5
Music 7.5
Rewatch Value 6.0

Lunga ma gradevole

In primis, 40 episodi da 45 minuti sono forse un po’ troppi per lo svolgimento della storia. Alcune situazioni diventano ripetitive, di altre si sarebbe potuto fare a meno, specie verso la fine, e così via. Non dico che dovessero confezionare il tutto in 30 episodi (ma forse sì!), ma di sicuro 35 sarebbero andati benissimo. Ci sono diversi colpi di scena, non tutti perfettamente prevedibili, ma rimangono un po’ diluiti all’interno di un racconto che procede a passo a tratti troppo lento. Alla lunga, si avverte un po’ di stanchezza e irritazione.

Le vicende si svolgono in un prestigioso studio legale, dove le donne, per poter fare carriera, devono essere sposate e possibilmente avere già un figlio. Al netto del palese sessismo, evidenziato ancor più dai beceri commenti dei legali senior (tutti maschi), il ragionamento della capintesta è che una donna incinta, dopo che hai investito tanto per addestrarla, ti fa perdere soldi perché si mette in maternità o magari se ne va… Qin Shi, una bravissima avvocata, viene spinta a farsi assumere con un certificato che attesta un suo falso matrimonio e perfino un figlio con Yang Hua, un piccolo genio della finanza che vive oltreoceano, all’oscuro di tutto. Tutto fila liscio finché il giovane non rientra in Cina. Dopo un incontro imbarazzante, e un inizio burrascoso, i due finiscono per mettersi d’accordo per continuare la farsa: lei, per continuare la sua carriera, lui per proteggersi da una madre particolarmente invadente. Da lì prende la mossa tutta una serie di vicende spesso divertenti, ma anche tristi, che ci portano all’interno delle storie familiari dei due e nei meandri degli accadimenti nello studio legale.

La storia si focalizza su diversi aspetti, primo fra tutti il bilanciamento fra la carriera e la vita privata, senza dimenticare problemi di etica applicata all’ambito legale. Problemi reali: si parte con l’idea di voler essere moralmente ineccepibili, ma se il cliente ti paga, è giusto difenderlo se il suo crimine è odioso? Se ti usa per ottenere un ingiusto vantaggio, per sfruttare i deboli, per favorirsi in una transazione commerciale? E se non accettando una piccola causa di questo tipo dovessi perdere un cliente molto importante? Molto, se non tutto, pare procedere per ricatto più o meno velato, in un continuo [i]do ut des[/i] che rende perfettamente l’idea dell’equazione [i]affari=nido di vipere.[/i] L’essere di buona famiglia e possedere conoscenze importanti pare, a tratti, avere molto più valore dell’essere effettivamente competenti.

Quando a questo turbolento calderone si aggiungono ingredienti scomodi, quali finti matrimoni, menzogne varie da difendere, ex fidanzati, gelosie assortite, vecchi nemici e compagnia cantando, la ricetta rischia di ribollire. L’incredibile capacità di Qin Shi nella dialettica la salva spesso sull’orlo del baratro, mentre l’abilità e la profonda conoscenza del mercato di Yang Hua sono spesso di notevole appoggio alle situazioni di lei. Ma Yang Hua cela un passato doloroso e, lungi dall’avere attualmente un lavoro prestigioso, è in realtà un trader casalingo, sia pure di successo.

Una nutrita serie di spalle e personaggi secondari vivacizza le vicende. Tao Jun Hui, un avvocato ex fidanzato di Qin Shi, pare non averla dimenticata, suscitando le ire della sua attuale fidanzata, che causerà non pochi problemi. Il fratello minore della protagonista, un mediocre gaudente, litiga continuamente con la moglie, in scenate francamente un po’ eccessive. Le famiglie della coppia principale hanno dinamiche complesse, che contribuiscono a dare alla storia un background abbastanza completo. Non manca, per la protagonista, una rivale in ufficio, ma Li Dai è un’antagonista molto leale, che avrà anche un ruolo di coscienza per Qin Shi.

Anche se non si tratta di un aspetto preponderante, la coppia principale viene esplorato parecchio. Di strada da fare ce n’è tanta: si parte da un finto matrimonio all’insaputa di Yang Hua, che non può che risentirsene. Il suo personaggio è apparentemente quello che potremmo definire un [i]tappetino[/i]: calmo e stoico in ogni occasione, nei suoi rapporti con la madre pare sempre sottomesso ma, in pratica, fa quello che può per affermare la propria libertà di scelta. Questa libertà gli viene offerta dal matrimonio con Qin Shi, e sarà quello il motivo che lo spingerà, in principio, ad accettare un contratto con lei. Ovviamente, dato che siamo in Dramaland, il rapporto si evolverà romanticamente. Scottato in passato da un tradimento in ambito lavorativo, che gli ha distrutto la carriera e i sogni di ragazzo, inizialmente Yang Hua non vuole saperne di trovarsi un lavoro in ambito finanziario, dove pure sarebbe in grado di fare scintille. Ma le cose col tempo cambieranno.

Qin Shi è cresciuta in una famiglia di divorziati. La cosa l’ha segnata profondamente e ne ha influenzato negativamente i rapporti sentimentali: doveva sposare Tao Jun Hui, avvocato di buona famiglia, ma la madre di lui non l’aveva accettata per il suo ambiente familiare. E’ una professionista molto abile nel suo lavoro, e si pone l’obiettivo di arrivare ai piani alti dello studio dove lavora per aiutare le donne e specialmente per eliminare la regola dell’obbligo di matrimonio per loro. Quella deve sparire! La sua storia familiare le impedisce di accettare l’idea di un matrimonio vero, pur accettandone uno di convenienza. Col tempo, e le giuste spinte, dovrà superare questo suo blocco emotivo.

Assisteremo pertanto ad uno sviluppo caratteriale piuttosto importante della coppia principale e anche di alcuni personaggi secondari, per cui da questo punto di vista mi sento di dare punteggio positivo. D’altronde molto spesso i personaggi iniziano con l’essere quasi insopportabili, addirittura macchiette, per poter poi evolvere durante la serie.

L’intreccio in generale, per quanto pieno di cliché e tipicamente “dramatico”, è ben congegnato e, nonostante la lentezza nel procedere, tutto sommato godibile, almeno fino agli ultimi episodi, che risultano ancor più forzati di alcune delle situazioni già molto improbabili viste in precedenza. Le motivazioni per l’obbligatoria crisi prima della riconciliazione, circostanza onnipresente nei drama, sono tutto sommato plausibili, ma non molto ben eseguite. Troppe coincidenze, ex che si riaffacciano a disturbare la coppia, e anche il finale vero e proprio è troppo improvviso e poco soddisfacente. Le conversioni improvvise sulla via di Damasco non sono mai molto plausibili, specie in uno studio legale, e il riavvicinamento della coppia è piuttosto piatto.

La recitazione degli attori è soddisfacente, pur senza exploit da parte di nessuno. Yang Mi è una brava attrice, ma personalmente la trovo poco espressiva. Xu Kai, per esigenze di copione, ha dovuto recitare buona parte del drama con un’aria apatica e inespressiva. Gli attori di contorno hanno fatto tutti il loro dovere, con menzione d’onore per Li Xiao Feng, che interpreta mirabilmente la cognata di Qin Shi. Comparto promosso, ma senza particolari guizzi.

Le musiche sono gradevoli ma senza essere fenomenali e le canzoni, se pur piacevoli, sono ripetute talmente spesso da determinare un po’ di noia. Gli abiti sono generalmente belli, specialmente quelli femminili, anche se risultano a volte poco consoni all’ambiente lavorativo di un affermato studio legale: spesso vediamo gonne e pantaloni decisamente troppo corti o, al contrario, alcune mise più adatte a situazioni decisamente diverse. Non posso poi tacere di aver notato l’eccessiva magrezza di Yang Mi, le cui gambe sono quasi scheletriche. In Cina devono avere una strana idea di cosa costituisca l’essere belli.
In sunto, è un’opera un po’ lenta, non esente da difetti, ma in generale non priva di guizzi divertenti, di suggerimenti morali e di aneliti di femminismo. Tutto sommato si tratta di una visione piacevole, esperienza che non ripeterei (raramente lo faccio), ma che non sono pentita d’aver fatto.

Consigliato a chi ama le commedie non troppo romantiche e non si lascia scoraggiare da un approccio piuttosto lento.

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Completed
A Business Proposal
0 people found this review helpful
Dec 11, 2022
12 of 12 episodes seen
Completed 0
Overall 8.0
Story 8.0
Acting/Cast 9.0
Music 7.0
Rewatch Value 7.0
In sunto: una commedia leggerissima e divertente, che procede per cliché, ma ben recitata e con un buon ritmo.

Elaboriamo: Siamo nell’abusato reame della commedia in ambito aziendale, che procede per mezzo di scambi di identità, falsi fidanzamenti che diventano veri e innamoramenti tra persone di diversa estrazione sociale. Le giovani generazioni vorrebbero trovare l’anima gemella in base all’amore, ostacolate da genitori e nonni, che insistono a spedirle ad appuntamenti al buio e cercano di sposare società piuttosto che persone.

Non c’è assolutamente nulla di originale in questa romcom, ma non per questo è un’opera da buttar via, anzi. Se la storia in sé è quanto di più trito e ritrito si possa immaginare, il modo in cui è stata concepita e recitata la rende comunque gradevole, a patto di non cercarvi significati profondissimi. E’ una di quelle opere con inserimento di buffe figurine, suoni divertenti, sottotitoli, e così via: una serie leggera, da guardare per divertimento coi neuroni in stato di placido riposo, magari tra due drama un po’ più impegnativi, per allentare la tensione. Ci sono alcuni momenti veramente spassosi: in uno dei primi episodi ricordo un inseguimento all’interno dei vari piani di un edificio che ha rischiato di mandarmi in crisi respiratoria.
Ma non di solo divertimento si parla: una grande importanza è riservata ai rapporti interpersonali, al valore dell’amicizia, dei legami familiari, della solidarietà fra colleghi.

Però poi, alla fine, si torna sempre al fattore umoristico. E se si ammira l’impegno lavorativo di Shin Ha Ri, votata alla realizzazione di manicaretti da commercializzare sotto forma di piatti istantanei, a maggior ragione si apprezza la compostezza di Cha Sung Hoon, serissimo segretario del protagonista Kang Tae Moo, giovanissimo presidente maniaco del lavoro, nipote del capintesta Kang Da Goo, che non vede l’ora di avere dei nipotini…

Peccato che, nella grande famiglia della Go Food, industria alimentare intorno alla quale gravitano quasi tutti i personaggi, le giovani leve abbiano idee proprie. Così quando il giovane presidente Kang Tae Moo, interpretato da un ottimo Ahn Hyo Seop, viene mandato all’ennesimo appuntamento al buio organizzatogli dal nonno prepotente, stufo di perdere tempo in cose che giudica inutili, decide che sposerà la prima che gli si presenterà davanti. Dovrebbe trattarsi di Jin Young Seo senonché, anch’ella, stufa di questi laccioli, manda al suo posto l’amica Shin Ha Ri, perché mandi tutto all’aria. Il presidente della Go Food non ne vuole sapere di mollare quella che non sa essere una sua impiegata, per quante follie faccia. E da lì cominciano gli spassosissimi guai.

Ripetiamolo ancora: è una commedia, per cui molto spazio è affidato ad attori e caratteristi dalla mimica a volte volutamente esagerata. Allo stesso Lee Deok Hwa, che interpreta il nonno del protagonista, e che nel panorama coreano è praticamente un’istituzione, è affidata una parte piuttosto spassosa. La protagonista, una bravissima Kim Se Jeong, sa farsi apprezzare sia nei momenti drammatici che in quelli comici, dove sfodera smorfie molto divertenti. Ma il protagonista maschile, Ahn Hyo Seop, è sempre misurato, grazie anche al suo personaggio molto riservato che è, poi, quello che compie il maggior percorso di crescita. Il nostro passerà dall’essere un mezzo tiranno narcisista, restio a sprecare cinque minuti, ad un perfetto innamorato, tenero e generoso nei confronti di molti.

La commedia procede ad un ritmo abbastanza sostenuto, subendo solo un po’ di rallentamento negli ultimi due/tre episodi, ma che non va ad inficiare troppo il fattore divertimento. Le musiche sono adatte allo spettacolo, non terribili ma, sinceramente, neanche eccezionali: nella media. Per quanto riguarda i costumi, diciamo che, essendo alcuni personaggi molto ricchi, le donne sono vestite molto bene e gli uomini… beh, alti, mori e con vestito tre pezzi. Detto tutto no?

L’ultimo episodio è, per certi versi, forse un po’ affrettato, e per altri un po’ lento, ma in definitiva tutti i santi finiscono in gloria e si glissa sulla sigla finale con soddisfazione e un sorriso stampato in volto. Cosa chiedere di più?

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Completed
Splash Splash LOVE
0 people found this review helpful
Dec 9, 2022
2 of 2 episodes seen
Completed 0
Overall 8.0
Story 8.5
Acting/Cast 9.0
Music 7.0
Rewatch Value 7.0

Ottimo per un pomeriggio di pioggia...

Uno dei tanti isekai che popolano il panorama dei drama. Brevissimo, rispetto agli standard dei lavori che guardo di solito, ma intenso. Divertente senza gridare al miracolo, non senza qualche momento di tensione. Gli attori fanno il loro lavoro, i costumi e le ambientazioni sono molto belli e l'insieme, aiutato dal fatto che sono solo due ore, scorre velocemente e intrattiene, senza dimenticare il lieto fine.
Come comprendo la protagonista, che odia la matematica! A scuola era anche la mia bestia nera, peccato che non avessi il potere di viaggiare nel tempo saltellando nelle pozzanghere! mi avrebbe fatto veramente comodo. A ben pensarci, mi farebbe comodo anche adesso... Beh, pazienza.

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Completed
Reset
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Dec 7, 2022
15 of 15 episodes seen
Completed 0
Overall 9.5
Story 10
Acting/Cast 9.5
Music 9.0
Rewatch Value 10

Adrenalina e recitazione, zero noia

La continua ripetizione di un giorno è il massimo della noia, giusto? No, sbagliato. Perché in questo mini-drama di soli 15 episodi da circa 40 minuti non ce ne sono cinque di noia. Anche quando, verso la fine, pare che il ritmo per un paio di puntate rallenti fino a fermarsi, in realtà il coinvolgimento emotivo è tale che non si avverte alcun sintomo di stanchezza.

Si comincia dal primo episodio, decisamente straniante, in cui ci si ritrova su un bus. Una ragazza, seduta accanto ad un ragazzo, improvvisamente lo accusa falsamente di averla palpeggiata e fa una scenata per scendere dal bus con lui, per poi andarsene per la sua strada. Ma, poco dopo, lei viene investita da una moto e finisce all’ospedale mentre lui, che nel frattempo ha preso un taxi, rimane coinvolto nell’esplosione del mezzo da cui sono appena scesi. La polizia indaga, partendo dalla discesa dei due dall’automezzo, immortalata dalle telecamere di sorveglianza. E ben presto scopriamo che quel bus continua ad esplodere ripetutamente, in un continuo loop temporale, qualsiasi cosa la protagonista, e poi il ragazzo, e poi la polizia facciano…

In un crescendo di altissima tensione, con punte da cardiopalma, con pochissimi momenti di sollievo umoristico, ma con la perfetta descrizione dell’urgenza, della paura continua cui i protagonisti sono soggetti, scopriamo a mano a mano i meccanismi di questo circolo vizioso, e le dolorose storie personali degli ignari passeggeri dell’autobus che vi sono intrappolati. Oltre a lottare contro gli sconosciuti che fanno esplodere il mezzo, i due ragazzi devono anche guardarsi dalle onnipresenti telecamere, cercando nel contempo di ottenere l’aiuto della polizia. Lungi dall’essere ripetitivo o noioso, il continuo reiterarsi delle condizioni di partenza, ogni volta sviluppate in modo più o meno diverso, contribuisce a rendere l’atmosfera oppressiva e claustrofobica, lasciando lo spettatore senza fiato, come se stesse correndo con i protagonisti alla ricerca di risposte, soluzioni, vita. Perché il numero delle ripetizioni possibili non è infinito… Il canone in D di Pachelbel, che pure tanto mi affascinava già prima della visione di questo drama, sicuramente non mi uscirà più dalla mente.

Nel proseguire delle vicende l’affiatamento dei due protagonisti aumenta, partendo da una comprensibile sfiducia reciproca fino allo sbocciare di una credibile storia d’amore, con un’ottima chimica fra i due, supportata da una recitazione davvero verosimile, e mai esagerata. In verità l’intero cast recita in maniera ammirevole, senza mai eccedere, pur riuscendo a trasmettere una grande varietà di emozioni.

Non solo il protagonista maschile Bai Jing Ting che, nonostante non abbia ancora 30 anni ha già al suo attino decine di ruoli in altrettanti film, drama e show televisivi, ci consegna un ottimo ritratto di un giovane sviluppatore di giochi che cerca inutilmente di non farsi coinvolgere in una situazione letale, rimanendovi tuttavia immischiato fisicamente ed emotivamente.
Non solo Zhao Jin Mai, di appena vent’anni e con alle spalle già una sequela infinita di ruoli anche principali risalenti fin dalla tenera età, interpreta alla perfezione il ruolo di una studentessa appassionata e un po’ ingenua, decisa a salvare tutti i passeggeri del bus condannato, dibattendosi contro le infinite difficoltà generate dalla situazione improvvisa e estrema.
Il cast secondario è costellato di attori di fama, che aggiungono peso e spessore al drama. Tra tutti, citiamo Liu Tao, che interpreta la vice capo della stazione di polizia, e che in passato ebbe il ruolo da protagonista nientemeno che in Nirvana in fire, e Liu Yi Jun, capitano della stessa stazione, anche lui già visto in Nirvana in fire e in almeno una cinquantina di altri drama. Ma anche la maggior parte degli altri personaggi, eccetto forse la madre isterica del gattaro, un po’ troppo caricaturale, sono resi mirabilmente, contribuendo non poco alla riuscita della serie.

Non solo della coppia principale, ma anche di molti dei passeggeri del bus conosciamo via via le vicende, il che contribuisce non poco a dar loro spessore, evitando di relegarli a semplici figure di cartone destinate a bruciare nel prossimo loop.
E’ soprattutto apprezzabile che, oltre a mantenere alta la tensione praticamente per tutte le puntate, vengano delineate chiaramente, e seguite, le leggi che governano il susseguirsi dei vari loop e il modo per interromperli. L’unica mancanza in proposito è che non ci viene spiegato come e perché i protagonisti vi si siano ritrovati invischiati. Voglio credere e spero che sia perché intendono farne una seconda stagione, possibilmente con gli stessi attori, ma credo sarà difficile: la serie è un adattamento del romanzo [i]Kai Duan[/i] di Qi Dao Jun, che ha anche partecipato alla sceneggiatura.

Il tutto è aiutato da un’ottima cinematografia, attenta e non avara di momenti spettacolari. Pur non trattandosi di un colossal, non si tratta nemmeno di una produzione a budget completamente risicato. Quello che hanno risparmiato nei costumi (trattandosi di continue ripetizioni, i vestiti cambiano poco) lo hanno sicuramente investito in altri comparti. Il commento musicale è piacevole e attinente alle scene e, soprattutto, vanta [i] My Only [/i], una canzone cantata dal magnifico Zhou Shen: un nome, una garanzia.

In sunto, un drama adrenalinico che non pecca in coerenza, magnificamente interpretato, con un finale che non deluderà gli spettatori, lasciando un buon sapore in bocca e una distinta sensazione di vuoto allo stomaco, sintomo inequivocabile dell’inizio di una potente crisi di astinenza.

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Completed
Vincenzo
0 people found this review helpful
Nov 26, 2022
20 of 20 episodes seen
Completed 0
Overall 8.5
Story 7.5
Acting/Cast 9.0
Music 10
Rewatch Value 8.0

Spettacolare, ma con molti problemi anche etici

E’ terribilmente difficile recensire Vincenzo, e ancor più assegnargli un voto.
Dal punto di vista dello spettacolo è quanto di meglio si possa immaginare: cinematografia attenta e curata, recitazione eccellente da parte di tutti, ottima gestione della suspense. La colonna sonora è magnifica, specie per un europeo, essendo composta in parte da pezzi di musica classica e operistica, in omaggio al fatto che Vincenzo sarebbe un mafioso proveniente dall’Italia. Ma soprattutto le tracce di musica moderna sono ottime, mi sono avvicinata a questo titolo proprio dopo aver ascoltato casualmente un pezzo su Youtube, ma quasi tutti i pezzi sono coinvolgenti, e usati molto a proposito. Né si può tacere l’effetto sorpresa nel sentire Song Joong Ki parlare in un italiano pesantemente accentato, sì, ma perfettamente comprensibile. Per uno spettatore italiano è decisamente spiazzante.

Il viso cesellato di Song Joong Ki, su un corpo minuto da ballerino, è perfetto per interpretare la parte di uno spietato assassino, sornione e letale come il gatto sazio che era il suo soprannome in Italia: calcolatore, gelido nella furia e dirompente nella lotta, ma tenero negli affetti. Non si può però trascurare la magnifica prova di Ok Taec Yeon, che ha saputo interpretare le mille sfumature di uno psicopatico con una efficacia da brividi, spesso rubando la scena al pur bravissimo protagonista nominale dello show. Anche Jeon Yeo Been, l’avvvocato protagonista femminile, ha recitato molto bene, così come tutta la nutrita serie di attori nelle parti di spalla e di supporto. Menzione d’onore per Kim Yeo Jin: la sua Choi Myung Hee è veramente rivoltante. Applausi.

La storia è appassionante e si gioca su diversi livelli: Vincenzo Cassano, ora “consigliere” di un clan mafioso, ma nato in Corea e adottato da una famiglia italiana a 8 anni, torna nella madrepatria per recuperare un’ingente fortuna nascosta. Nel contempo, combatte contro un gruppo societario, affiancato da uno studio legale particolarmente aggressivo, che vuole produrre una nuova droga e abbattere il palazzo che cela il suo tesoro per costruirci un grattacielo. Gli inquilini dell’edificio, ora avversari, ora alleati, formano una squadra di caratteristi simpatica e affiatata.

Di carne al fuoco ce n’è abbastanza e, come succede in altri drama, si pesta molto sul tema della corruzione imperante ad ogni livello. Anzi, più che la lotta dei protagonisti contro il chaebol cattivo, il vero leit motiv della serie parrebbe essere la rappresentazione di tutti i possibili modi e motivi per cui la corruzione viene impiegata. I colpi di scena si susseguono e, nonostante la rivelazione dell’identità del boss finale avvenga già nei primi episodi, per quanto mi riguarda assolutamente non prevista, la tensione non si abbassa.

Ora, si tratta di uno spettacolo, e si sa che uno spettacolo non può essere realistico, però qui siamo andati proprio al di là di ogni tentativo di plausibilità. Pare che Vincenzo, il mafioso italiano, sia l’unico in grado di battere il corrotto cattivo, chiunque egli sia. E in questa sua lotta, a mano a mano, le vittime crescono sempre di più, e non tutte ad opera dei malvagi. Definire Vincenzo un antieroe è forse perfino troppo gentile. Del resto, egli stesso ci dice che non ha intenzione di cambiare, per quanto i suoi antichi delitti lo perseguitino nei sogni. E’ fatto così: un gatto sazio cui piace giocare con la preda fino all’arrivo della fame. Lo dimostrerà soprattutto nel finale, in un crescendo di crudeltà forse un pelino sopra le righe.

Quello che disturba, però, è proprio la ghenga degli inquilini del palazzo: brava gente timorosa, se pur con un sacco di talenti e passati nascosti che, col tempo e la vicinanza con Vincenzo, passa dall’essere un gregge di pecore spaventate a un branco di lupi, accettando qualsiasi violenza. Quando i cadaveri intorno a Vincenzo si accumulano tutti, perfino un poliziotto, accettano la cosa senza batter ciglio, collaborando alla riuscita dei piani per sconfiggere i (più) cattivi. Ci si chiede che fine facciano tutti questi cadaveri, perché nessuno intervenga, come se l’intero corpo di polizia fosse reso impotente, assieme a quello giudiziario. Poco verosimile. Nessuno dei semi-buoni paga mai il fio delle sue colpe, e la legge sembra sempre esistere per essere violata e/o sfruttata da tutti. Gli affittuari si trasformano in una banda di vigilantes e viene dato per scontato, e sotto sotto sempre giustificato, l’uso della violenza specialmente da parte di Vincenzo, che viene osannato come una specie di semidio. Non si comprende bene quale sia il messaggio etico che il drama vuole trasmettere: la corruzione e lo sfruttamento sono così orribili che contro di essi si può usare qualsiasi mezzo? O va tutto bene perché la figura del mafioso italiano funge da deus ex machina che risolve la situazione a modo suo lasciando pulita la coscienza della brava gente coreana? Il fatto che si tratti di una produzione Netflix consola poco.

Un’altra pecca dolorosamente visibile all’interno della serie è la risoluzione di alcune situazioni per mezzo di casualità: se dico che ad un certo punto un frangente potenzialmente letale viene risolto dall’intervento di uno stormo di uccelli, intenzionalmente guidati da un piccione semi domestico che Vincenzo ha chiamato Inzaghi, mi credereste?
A prescindere dal cliché dell’italiano mafia, pizza, e per fortuna poco mandolino, alla fine delude che il background mafioso appaia in realtà molto poco, e Vincenzo lo sia praticamente solo di nome, come pretesto per il suo essere brutale. Sì, usa metodi violenti, sì, ha contatti telefonici con il suo clan, ma non aspettiamoci una saga alla Corleone perché saremmo delusi. Che poi, mi domando quanto sia violenta, la posizione di consigliere all’interno di una famiglia mafiosa, visto che i flashback di Vincenzo sono parecchio sanguinosi. Il suo passato viene però lasciato fuori dalla narrazione, la sua infanzia bypassata, le motivazioni che lo spinsero ad unirsi alla mafia spiegate in una sola, breve, frase. Il suo personaggio non pare effettuare rilevanti percorsi di crescita o cambiamento.

Ma non bisogna pensare che la serie sia solo violenza e cadaveri. C’è in effetti una cospicua parte umoristica, portata avanti principalmente dagli affittuari del palazzo , che sdrammatizza spesso molte situazioni. Purtroppo non sempre l’effetto casca completamente a proposito e le due anime del drama, quella sorridente e quella tragica, a volte non risultano ben amalgamate. Inzaghi insegna.

E arriviamo alla parte romantica della storia. Buona ultima, perché in effetti è tale la sua importanza ai fini del drama. La chimica fra Vincenzo e l’avvocata Hong Cha Young funziona sicuramente molto di più nell’ambito dell’associazione a delinquere che in quello amoroso. Due occasioni di bacio, di cui una per recita: un po’ pochino per definire il loro rapporto una storia d’amore. Chiamiamolo contentino per lo zoccolo duro degli amanti delle romanticherie ad ogni costo. Non che se ne senta il bisogno: la storia va avanti benissimo anche senza coinvolgimenti emotivi di tipo amoroso.

Quindi, in sunto, un drama che ho guardato tutto d’un fiato, per cui mi sento già in crisi d’astinenza. Un drama che ho visto con grande piacere perché sono riuscita, come già per altri titoli, a scollegare la parte critica del cervello durante la visione. Ho potuto così godere della performance degli attori, delle splendide musiche, delle scene di lotta ben coreografate, della suspense crescente che mi ha spinto a proseguire la visione fino alle ore piccole per diversi giorni. Ma un drama che ha diverse pecche di trama, di sviluppo dei personaggi e, soprattutto problemi morali non indifferenti.

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Completed
Hello Mr. Gu
0 people found this review helpful
Nov 11, 2022
30 of 30 episodes seen
Completed 0
Overall 7.5
Story 7.5
Acting/Cast 9.0
Music 8.0
Rewatch Value 6.0

Tanti cliché, moderatamente divertente

Hello Mr Gu è una commedia romantica in 30 episodi di circa 35 minuti ciascuno, comprese le sigle.

Il lato positivo di questo drama è che si tratta di una commediola fresca e moderatamente divertente, molto ben recitata dalla coppia principale e con dei personaggi di contorno che, pur non essendo esattamente all’altezza dei protagonisti, lavorano comunque al di sopra del minimo edittale.

Il lato meno positivo è che si va avanti quasi esclusivamente per cliché triti e ritriti e tutto, compresi i rari colpi di scena, è sempre molto prevedibile. Si potrebbe soprassedere, se non fosse che, verso la fine, le cose cominciano a trascinarsi stancamente, mentre assistiamo al solito, indispensabile periodo di litigio e separazione che ammorba tante produzioni. Poteva essere questa l’eccezione? Certo che no! E, mentre i capricci e i comportamenti illogici dei protagonisti si moltiplicano a livello esponenziale, portando l’arte del malinteso a vette tali da svergognare l’Everest, diverse situazioni vengono lasciate appese senza alcuna conclusione, fino a convergere verso l’obbligatorio lieto fine.

Che dire… non è una brutta serie, affatto, al netto degli ultimi episodi un po’ tirati per i capelli. In realtà, l’intero drama poggia su situazioni al limite della credibilità e oltre, ma lo si accetta perché fa parte del genere. Certo, giunti alle ultime puntate, stanchezza e saturazione prendono un po’ il sopravvento.

L’abusato cliché del CEO ricco, scontroso e problematico, ma dal cuore d’oro, che si innamora della ragazza povera, viene sviscerato abbastanza bene. Tutto sommato le difficoltà che il nostro protagonista incontra per ottenere i finanziamenti necessari al suo progetto sono abbastanza realistici da non farci tirare i pomodori allo schermo, e la coppia principale ha una notevole affinità, nelle scene romantiche.

Allora perché, pur avendo guardato la serie con piacere, provo questo senso di insoddisfazione?

Forse perché i protagonisti principali sono caratterizzati un po’ troppo come macchiette. Lui ha una morbosa paura dei luoghi affollati, è pieno di sé, puntiglioso, meticoloso e maniaco del controllo, ma anche generoso e gentile. Lei è la tipica ragazzina dai mille problemi economici che farebbe (quasi) qualsiasi cosa per fare un po’ di soldi. Comprensibile, dato che è piena di debiti. Ma la sua caratterizzazione è decisamente troppo infantile per essere una laureanda. Queste donne di più di vent’anni che vengono fatte vestire e comportare come se ne avessero sedici alla fine diventano stucchevoli.

E così, anche se si ride, anche se la coppia principale ha una notevole affinità e le canzoncine sono gradevoli, quella che resta alla fine è la sensazione di aver sciupato un po’ il mio tempo.

Poi, però, ripensando all’ottima prova di Chen Jing Ke, che davvero riesce a farti dimenticare che sta recitando, non posso proprio bocciare questo lavoro, e quel che mi viene da pensare è che forse si tratti più che altro di un problema di target. Avendo quasi sessant’anni, l’amore dei ragazzini è un argomento che a volte mi lascia un po’ indifferente. Avessi quarant’anni di meno, probabilmente avrei dato il massimo dei voti.

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Completed
Doctor John
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Nov 8, 2022
32 of 32 episodes seen
Completed 0
Overall 8.0
Story 8.0
Acting/Cast 10
Music 7.5
Rewatch Value 7.5
This review may contain spoilers

Ji sung è un dio, ma gli sceneggiatori no

Ji Sung come attore è un dio, forse il migliore che ci sia in Corea (e anche altrove). Magnifico nel viso e carismatico più da quarantenne che quando aveva trent’anni, dotato di una mimica dell’intero corpo che riesce a trasmettere l’impossibile, recita però spesso in drama estremi, che si prendono troppo sul serio e pretendono un’eccessiva sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore. Se in Kill me, heal me le sette personalità da lui straordinariamente interpretate erano a volte terribilmente sopra le righe, il tutto era stemperato dall’essere il drama una commedia scanzonata. Ma, per esempio, in Defendant, ed ora con questo Dottor John, la musica cambia. Vogliono essere seri, drammatici, stupirci. E a volte esagerano. Per fortuna, in questo Doctor John l’estrema spettacolarizzazione dei primi episodi ha per contraltare un argomento pesantissimo, un vero macigno: l’etica dei trattamenti medici e dell’eutanasia.

Da questo punto di vista si tratta di una serie coraggiosa, che affronta problemi scomodissimi. Se e come questi argomenti siano stati affrontati nella maniera migliore, è decisione che deve necessariamente essere lasciata alla personale percezione di ognuno. Il problema di fondo di questo drama, però, è lo sviluppo della trama e, in parte, la caratterizzazione dei personaggi.

Il protagonista, Cha Yo Han, è un medico specializzato in anestesiologia e trattamento del dolore, brillantissimo diagnostico, che nasconde però di essere affetto da una malattia grave, che potrebbe causarne la morte in qualsiasi momento. Condannato per aver praticato l’eutanasia ad un paziente terminale, si è fatto tre anni di galera. Ciononostante, continua ad essere comprensivo oltre ogni limite, anche con chi lo perseguita… Il troppo è troppo.

La protagonista Kang Shi Young, specializzanda anche lei in anestesiologia, ha subito un trauma che l’ha lasciata insicura e scossa, e passa metà del tempo a piangere. Lee Se Young la interpreta benissimo, ma resta il fatto che la sua caratterizzazione sia spesso terribilmente debole e piagnucolosa. Successivamente, diventa assillante, sembra risollevarsi, ma solo per comportarsi sul finire senza un briciolo di amor proprio.

Una nutrita serie di personaggi di spalla e contorno offre ampie opportunità di situazioni sia tragiche che umoristiche.

Gli autori a tratti non hanno fatto un gran lavoro con la sceneggiatura. Diversi episodi sono strutturati un po’ come polizieschi, dove la ricerca della causa del dolore, molto interessante, diviene una caccia al colpevole, però a volte la risoluzione del problema non viene completamente mostrata. Purtroppo, specie verso la fine, diversi argomenti vengono lasciati appesi, oppure risolti con due parole a distanza di anni. C’è una cospirazione criminale che mira a fornire illegalmente un medicinale per il suicidio assistito ai richiedenti e non sappiamo se i colpevoli siano stati catturati o meno. Soprattutto, non è chiaramente spiegata la conversione sulla via di Damasco di un personaggio in precedenza invasato: viene domato dalla gentilezza del buon dottore? Mah! Vederlo sorridere dolcemente è cosa da brividi, e ci si domanda a che titolo si trovi, alla fine, in una specie di comitato etico…

Ad ogni modo, fra molti alti e pochi bassi, il drama si svolge, almeno per la mia personale percezione, in maniera molto soddisfacente. Tutto cambia, però, a pochi episodi dalla fine, quando assistiamo al solito abusato cliché della separazione. Siamo abituati a vedere la protagonista femminile fare i capricci, invece stavolta è la parte maschile a dimostrare una mancanza totale di considerazione nei confronti della sua partner. Non ci si comporta così con la ragazza che hai baciato all’aeroporto, proprio no. Il lieto fine non era così scontato, durante la visione, ma sicuramente ci si sarebbe potuti arrivare in un modo che non rovinasse così il personaggio, che risulta veramente svilito da un comportamento inaccettabile sotto ogni punto di vista.

In sunto, un ottimo drama medico, interpretato splendidamente da tutto il cast, con l’eccezione di Ji Sung che, come sempre, è fuori scala, ma con diverse pecche nella trama, un finale debole e una caratterizzazione dei personaggi non proprio perfetta. Peccato, perché avrebbe potuto essere un capolavoro. Così, è solo molto, molto buono.

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Completed
Protect the Boss
0 people found this review helpful
Nov 5, 2022
18 of 18 episodes seen
Completed 0
Overall 8.5
Story 8.0
Acting/Cast 9.5
Music 9.0
Rewatch Value 8.0

Divertente, un po' più lento dopo la metà

Protect the Boss è una serie in 18 episodi da un’ora circa ciascuno. Si tratta quindi di un drama piuttosto corposo, forse troppo, per quello che viene raccontato. Siamo nell’abusato ambiente degli uffici di una grande società gestita a livello familiare, nella quale tra l’altro non si capisce molto cosa facciano gli impiegati e i dirigenti, visto che paiono sempre più impegnati a persegui(ta)re l’anima gemella o a farsi le scarpe l’un l’altro piuttosto che a svolgere un qualsivoglia lavoro.

I cliché abbondano, come spesso accade nei drama: si va dal presidente-padre violento ma sotto sotto amorevole, ai traumi infantili, passando per gelosie e complotti dei familiari, per finire allo stereotipo del ricco figlio di papà che si innamora della povera e grezza segretaria campagnola. Eppure, nonostante l’apparenza, le vicende non sono così scontate, perché su questa trama se ne vanno ad innestare altre che aggiungono sale e pepe a questa minestra che, altrimenti, risulterebbe molto insipida.

Invece, l’agorafobia del protagonista Heon Ji Cha, mirabilmente interpretato da un giovane Ji Sung, rende la prima metà del drama molto interessante, specie per il rapporto che viene a crearsi con la sua muova segretaria, l’energica Eun Seol No, che l’attrice Kang Hee Choi è riuscita a rendere al meglio, e che lotta con lui per guarirlo da questa malattia debilitante che non gli consente di prendere posto a testa alta nel consiglio di amministrazione, cosa cui peraltro egli non aspira, ma che il padre desidera. Siamo in Dramaland, quindi soprassediamo sul fatto che una ragazza qualsiasi possa agire da psichiatra dopo aver letto qualche libro, e riuscire a guarire il giovane in pochi mesi.

Le lotte intestine nella famiglia sono un altro asse portante della serie, coi genitori che cercano di spingere i figli in posizione predominante, facendo di tutto per scalzare la supremazia del presidente e scongiurare l’ascesa del figlio anticonformista. Peccato per loro, che i ragazzi finiscano ben presto per fare amicizia e opposizione alle trame genitoriali, mentre si innestano giochi di innamoramenti a formare un quadrilatero che ci metterà un po’ ad assumere forma definitiva.

Nel frattempo, si parla molto di fondi neri, evasione di tasse e così via, non mancando di rimarcarne l’illiceità. Peccato che gli evasori della nostra allegra società se la cavino sempre con qualche centinaio di ore di servizi sociali. Potenza dell’essere importanti e del sapere come impietosire il prossimo presentandosi su una sedia a rotelle…

Ma quella che veramente scalda il cuore di questa serie altrimenti piuttosto anonima è la grande amicizia che si viene a creare tra la protagonista, la sua compagna di stanza e Na Yoon Seo, ricca e viziatissima figlia di mammà, che passa dall’essere un’antagonista ad un’amica sincera. Queste tre ragazze ci faranno ridere e piangere con loro.

La serie procede senza troppa suspense a passo lento e sicuro, ma lento. Troppo spesso nei drama accade, come qui, che le situazioni diventino ripetitive, che le vicende sembrino ristagnare, mentre gli ostacoli posti sulla strada della coppia principale si moltiplicano a dismisura, uno dopo l’altro. Passata la metà dell’opera, finite le risate che le situazioni iniziali ci avevano strappato, arriva un generale rallentamento che ci porta a chiederci perché abbiano dovuto insistere a fare 18 puntate quando avevano materiale per 15. Un racconto più condensato sarebbe stato scintillante, mentre così la seconda metà risulta un po’ appannata. Peccato.

Perché, allora, ho assegnato un voto tutto sommato alto? Perché, come già detto, l’amicizia delle ragazze è qualcosa che scalda veramente il cuore. La lunghezza della serie ha consentito di descrivere crescite caratteriali importanti in diversi personaggi, primo fra tutti il protagonista, che di crescita da fare ne aveva veramente tanta. Ma, soprattutto, per l’interpretazione che ne ha dato Ji Sung. Di questo stupendo attore, magnifico qui a 30 anni e ancora meglio in altri drama a 40, non si può che dire bene: la sua recitazione è sempre impeccabile, le sue micro espressioni, il linguaggio del corpo, qualcosa di sublime. Se non mi credete e ancora non l’avete fatto, andate a guardare Kill Me, Heal Me, dove recita la parte di un uomo con personalità multiple. Non due o tre, ma sette, e le interpreta tutte…

Finita questa parentesi di adorazione per Ji Sung, bisogna riconoscere che l’intero cast ha lavorato benissimo, sia pur a tratti con qualche esagerazione nella mimica, ma non bisogna dimenticare che si tratta di una commedia, e quindi qualche smorfia è pur consentita. Se eccezione c’è stata, è da applicarsi a Jae Joong Kim, che ha interpretato il ruolo di Moo Won Cha, cugino, antagonista e amico del protagonista, un ragazzo bellissimo ma dalla mimica piuttosto legnosa. Purtroppo chiunque si trovi a recitare al fianco di Ji Sung è destinato a subire paragoni impietosi.

Il commento musicale che cade a proposito, i begli abiti di tutti (tranne che della povera protagonista!) le ambientazioni ben curate e una cinematografia sul pezzo contribuiscono a rendere questo drama una serie da vedere per tutti coloro che non vogliano azione a tutti i costi e non si lascino scoraggiare dalla lentezza.

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Completed
Meet You
0 people found this review helpful
Oct 23, 2022
12 of 12 episodes seen
Completed 0
Overall 8.0
Story 8.0
Acting/Cast 8.5
Music 7.5
Rewatch Value 7.5

Breve e al punto

Meet you è una commedia, con alcune situazioni drammatiche, che non si prende troppo sul serio. Occasionalmente ci sono gesti moderni, e soffre decisamente del solito mucchio di cliché, a partire dall'onnipresente caduta nei precipizi fino alla perdita di memoria, passando per le stragi infantili, le vendette familiari, gli strani avvelenamenti e così via.
Però, il dualismo del signorino che si alterna tra due personalità è, per quanto non originalissimo, una ventata di freschezza, in questo aiutato dall'ottima performance di Huang Tian Qi, così bravo che basta un'occhiata al suo viso per capire quale sia la personalità che sta interpretando al momento. Lo sciocco gli riesce benissimo, ma il serio letale è decisamente il suo viso migliore, che aggiunge ai lineamenti di una bellezza non propriamente classica un sottofondo sexy non indifferente: più che occhi, i suoi sembrano succhielli che ti perforano l'anima.
E' giovanissimo, ma ha già al suo attivo molte apparizioni secondarie e questo è il suo primo ruolo da protagonista. Non so, sinceramente, se ce ne saranno altri e se questo ragazzino potrà sfondare. Mi auguro di vederlo in futuro in altre produzioni.
L'altra metà della coppia è rappresentata da Zhu Li Lan, di qualche anno maggiore, che ha offerto una buona interpretazione della donna avida che si innamora e si lascia vincere dai propri sani principi. Anche Kong Qi Li, l'antagonista, ha saputo interpretare le varie sfumature di un povero folle accecato dall'invidia e dalla sete di vendetta, per quanto il suo personaggio sia stato forse reso in maniera un po' caricaturale.
Altri personaggi di spalla sono riusciti abbastanza, ma senza brillare particolarmente. A parere personale di spettatrice si è trattato di una interpretazione senza infamia e senza lode. Sicuramente alcuni eccessi sono stati voluti dalla regia: mi risulta poco credibile che un uomo si carezzi la barba per interi minuti ogni qual volta appare sullo schermo, tanto per dirne una.
Le vicende hanno comunque uno svolgimento classico, coi cattivi che vincono o paiono vincere fino agli ultimi minuti, quando tutti i santi finiscono in gloria, ma con un sottofondo di avvertimento che potrebbe preludere ad una seconda stagione.
Il fatto che si sia trattato di una serie così breve, 6 ore in tutto, ha reso il drama veloce e poco incline a perdere tempo con infinite e inutili storie di personaggi secondari, e gliene siamo grati. Per contro, l'approfondimento psicologico dei protagonisti risulta un po' monco... Soffiare e sorbire non si può, mi diceva la mia nonna saggia.
Ho trovato un po' sconcertante, in principio, vedere un paio di scene piuttosto osé per trovarsi in un drama cinese per over 12, ma poi le acque si sono calmate e la vicenda si è svolta senza soverchi contatti tra le coppie interessate. Non dimentichiamo che Tian Qi all'epoca aveva forse solo 17 anni.
Amo particolarmente i costumi ricamati, e qui ne ho visto parecchi, per la gioia dei miei occhi. Certo, il cast è minimale, i costumi sono apprezzabili anche se non eccelsi, e le ambientazioni non particolarmente affascinanti, ma i combattimenti sono ben coreografati e la musica di sottofondo fa il suo dovere. Anche i pezzi cantati sono abbastanza gradevoli.
Tutto sommato, 6 ore spese bene, per una commedia fresca e moderatamente divertente, senza eccessi.

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Completed
My Bossy Wife
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Oct 22, 2022
28 of 28 episodes seen
Completed 0
Overall 7.0
Story 7.0
Acting/Cast 8.0
Music 6.0
Rewatch Value 6.5

Commedia sciocchina per un paio d'ore di facile divertimento

Si tratta, come da titolo, di una commedia molto leggera dall'umorismo facile facile, a tratti anche ben poco politicamente corretto. Per ridere senza arrabbiarsi troppo bisogna prendere in considerazione il particolare clima politico e soprattutto la censura che in Cina impera.
In questa prima parte della serie che consta di due stagioni la parte più importante è la particolare relazione della coppia principale, prima ancora che diventi veramente una coppia. Infatti, laddove lui è deboluccio e poco incline alle arti marziali, lei invece è fortissima e abbastanza manesca. Il nostro le prende a ogni tre per due e questo scambio dei ruoli, che vede il maschio così pesantemente sottomesso fisicamente alla donna, non può che suscitare diverse risate.
Purtroppo, e qui entrano in gioco le peculiarità della cultura cinese, ci sono un paio di situazioni che possono far arrabbiare le persone di mentalità un po' aperta. Per esempio, uno dei malviventi è un uomo chiaramente omosessuale, il quale viene pesantemente disapprovato e in qualche modo deriso. Passati sono ormai i tempi in cui in Cina si riusciva a far approvare dei drama dall'aria vagamente BL, camuffati da bromance. Visto l'incredibile successo che tali vicende avevano sul pubblico, i capi in testa cinesi sono corsi immediatamente ai ripari e ormai questo tipo di situazione non si riesce più a vedere. Al contrario, pare che non si possa perdere occasione per svergognare quella che viene chiaramente recepita come perversione.
Una delle indagini che viene condotta dalla coppia punta come colpevole ad una donna piuttosto in carne, abbandonata dal marito che l'ha derubata per scappare con una amante molto più snella e più bella di lei. Anche in questo caso il commento che si fa di striscio è che sarebbe colpa sua, perché se solo fosse stata più attraente il marito non l'avrebbe né derubata né tradita. Ora, è sotto gli occhi di tutti coloro che guardano drama quale possa essere l'ideale di bellezza femminile da quelle parti: le donne devono essere magre fin quasi e oltre il limite della patologia, a giudicare da certe serie che ho visto.
Detto questo, ed è dire già tanto, bisogna rimarcare come le vicende, al di là di una comicità basica, siano veramente piuttosto infantili. Le indagini non sono certamente neppure degne di questo nome e, almeno in questa prima serie, la relazione romantica è appena agli inizi.
D'altronde sono sì 28 episodi, ma di lunghezza variabile tra i 3 e i 5 minuti, per cui le vicende in realtà si svolgono in maniera piuttosto affrettata e non c'è tempo per un qualsiasi tipo di approfondimento.
Sia la coppia principale che il cast di supporto si sono comportati abbastanza bene, considerato il tipo di drama: è una commedia senza tante pretese. Le scene drammatiche però lasciavano un po' a desiderare.
Musica, ambientazioni, costumi e cinematografia non sono di prima categoria, e si vede. Insomma: è una serie abbastanza coerente nella sua mediocrità.
Mi ripeto: si tratta di uno show che si può guardare se si hanno due o tre ore di tempo a disposizione e non si vuole cominciare qualcosa di più impegnativo, tanto per farsi due facili risate. Simpatica, ma nulla di più. Esiste già una seconda stagione, la cui riuscita è al pari della prima.

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Completed
The Lady in Butcher's House
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Oct 13, 2022
36 of 36 episodes seen
Completed 0
Overall 8.5
Story 9.0
Acting/Cast 8.0
Music 8.0
Rewatch Value 8.0

Commedia senza pretese, divertente, con spunti di riflessione

Prima di tutto occorre specificare che si tratta di una commedia senza aspirazioni di correttezza storica e/o di completa aderenza ad un pensiero logico. Certo, esistono dei momenti di tensione, e qualcuno ci lascia anche la pelle, ma alla fine dei giochi tutti i santi finiscono in Gloria, lasciandoci in bocca un sapore di dolce soddisfazione. Si resta contenti, insomma.
Gli attori fanno la loro parte in maniera più che onorevole, pur senza farci gridare al miracolo, sia quelli principali, che le spalle e i secondari. Costumi e ambientazioni, pur senza essere sensazionali, sono gradevoli e adatti alla produzione. Anche la musica compie decorosamente il suo lavoro di accompagnamento delle vicende.
Ma quali sono queste vicende? C'è una macellaia, piuttosto manesca anzi, una vera bisbetica, che deve sposare uno scolaro arrivato secondo agli esami imperiali. Lei è onesta, ma ignorante e versata nelle arti marziali, lui è retto, coltissimo ma sottomesso e gracilino. Lui ne è innamorato sin dall'infanzia, lei non lo giudica nemmeno un uomo... Eppure finiranno per amarsi, ovviamente. Insieme, combatteranno corruzione e pericoli, assieme alle proprie paure e insicurezze, con l'aiuto di diversi compagni di viaggio, fino ad arrivare a scoperchiare le corruzioni di corte. L'asse portante di questa serie è il racconto di come, lentamente, la coppia che comincia la sua convivenza sotto i peggiori auspici riesca pian piano a comprendersi, scoprendo affinità sconosciute e perle nascoste nell'altro coniuge. Mentre le scoprono i personaggi, le scoprono anche gli spettatori, che iniziano così ad amare la coppia principale che, inizialmente, non pare offrire molte attrattive.
Diverse coppie secondarie formano un gradevole contorno alle varie vicende.
L'abbiamo detto, no, che è una commedia? In molti non hanno gradito che la protagonista fosse, almeno nella prima metà del drama, piuttosto violenta nei confronti del suo uomo, il quale in effetti viene spesso malmenato (e non solo lui). La violenza domestica non dovrebbe essere presentata come materia di sorriso, nemmeno se a commetterla è una donna, ma si ha comunque l'impressione che ad alcuni non andasse giù non tanto la violenza in sé, quanto il fatto che fosse una donna a suonarle a un uomo... Sarò troppo sospettosa, mea culpa.
Ad ogni modo, se nel corso del drama il nostro scolaro non mette su i muscoli, la protagonista subisce invece un graduale voltafaccia che la porterà ad essere molto meno prona a risolvere a suon di botte i suoi problemi. Ma non bisogna nemmeno farsi l'idea che la nostra eroina sia violenta gratuitamente: in fondo si è ritrovata, per intelligenza e capacità, a dirigere e portare avanti la macelleria suina di famiglia, di fatto proteggendo e mantenendo diverse persone. Il mondo degli affari è duro, e ancor di più se sei una ragazza: difficile rimanere a galla se non sai farti rispettare. E quando la macellaia prende il coltello, i bulli scappano per non lasciarci lo scalpo.
In definitiva, un titolo gradevole, la cui storia si svolge senza eccessive lungaggini e battute d'arresto, e che riesce a trattenere l'attenzione dello spettatore fino all'ultimo, senza rallentamenti e improvvise accelerate. Fluida. Un ottimo esempio di come, senza budget da capogiro né attori stellari, si possa fare un buon prodotto di intrattenimento, divertente e non privo di spunti di riflessione.
Ampiamente promosso.

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Completed
Defendant
0 people found this review helpful
Oct 2, 2022
18 of 18 episodes seen
Completed 0
Overall 8.0
Story 8.0
Acting/Cast 9.5
Music 8.5
Rewatch Value 7.0

Un’occasione parzialmente sprecata

Park Jung Woo, un pubblico ministero di Seul, un bel giorno si sveglia in prigione, condannato a morte, senza sapere come ci sia arrivato perché soffre di amnesia. Comincia una lotta contro il tempo e contro nemici onnipresenti e letali per recuperare la memoria e scagionarsi da accuse terribili: avrebbe ucciso l’amatissima moglie e la figlia, e non se ne ricorda.

L’inizio di questo drama è veramente scoppiettante: nel primo episodio succede di tutto e di più, l’adrenalina si spreca, è un’enorme promessa che fin da subito si teme sarà faticoso mantenere. Infatti, già negli episodi successivi, il ritmo cala, e tanto. Troppo. Non sarebbe grave, in fondo alla mia età il rischio infarto aumenta… Il problema è la ripetitività delle situazioni. E non solo quella: in questa serie assistiamo ad una sproporzione assurda, ancor più del solito, fra il potere attribuito ai cattivi e quello esercitabile dai buoni.

Per la stragrande maggioranza del tempo, il nostro carcerato e i pochi che lo appoggiano si dibattono senza sapere che pesci prendere. Il cattivo della situazione, lo psicopatico Cha Min Ho, sotto le spoglie del gemello Cha Sun Ho da lui ucciso, presidente di una importante compagnia commerciale, sembra padrone assoluto di ogni situazione e si diverte a fare il gatto che gioca col topo, ammazzando nel contempo qua e là buona parte di quelli che sanno della sua appropriazione di identità. Ad un certo punto questo folle si attribuisce un omicidio stradale commesso dalla moglie (del fratello) per farsi incarcerare nella stessa cella del protagonista. E poi ne uscirà. Che diavolo, succede tutti i giorni!

Pubblici ministeri, giudici, capintesta della prigione, poliziotti, tutti da lui sono corrotti e usati, insieme alle sue squadracce, contro Park Jung Woo e i suoi pochi amici. Perché tanto accanimento? Perché Park Jung Woo gli stava dando la caccia come assassino del fratello e di una serie di donne. Ma questo presidentucolo da strapazzo non è il presidente della Corea ma solo di una società, e il potere che pare smuovere è completamente sproporzionato alla sua persona. Sembra quasi che invece che in Seul l’azione si svolga in un terrario.

Le cose non migliorano quando si tratta di organizzare la fuga dalla prigione in cui Park Jung Woo è rinchiuso assieme ai suoi compagni di cella. La rocambolesca fuga, lungamente progettata e ripetutamente provata ogni notte dal nostro protagonista, è qualcosa di semplicemente assurdo. La cosa dura diversi giorni e nessuno o quasi si accorge mai di niente, i secondini non vedono o al momento decisivo decidono di non parlare per pararsi il posteriore, e così via.

Il nostro povero protagonista però deve soffrire fino alla fine e soffre veramente bene: Ji Sung è un attore maturo e splendido, che ben si presta alle scene di disperazione, anche se forse la regia l’ha spinto a gridare un po’ troppo. Si perdona molto al drama per via della sua interpretazione, veramente sentita, a volte addirittura troppo sentita, che arriva dritta al cuore dello spettatore. Non è solo disperato, è stranito, dubbioso, deciso, furioso, innamorato… Tutto l’intero spettro delle emozioni umane più probabilmente qualcuna che ha inventato da sé. Anche la figlia, interpretata da un’ottima Park Ha Yun, è veramente toccante. Quest’attrice in erba (classe 2009) è già in grado di dare molti punti a professioniste adulte. E d’altronde, sia pur senza aver mai recitato in ruoli da prima protagonista femminile, a causa dell’età, ha comunque già al suo attivo almeno una trentina di titoli. Si farà.

Uhm Ki Joon, che ha interpretato i due gemelli, è un altro attore navigato, che ha saputo rendere al meglio la follia del big boss, ma anche la sua tristezza e solitudine di fronte al suo essere sempre una seconda scelta rispetto al fratello maggiore. A questo proposito, ho trovato veramente eccessiva la figura del padre, che scopriamo averlo sempre picchiato (addirittura con mazze dal golf!) [i]per il suo bene,[/i] anche se non si capisce bene come potesse essere possibile la cosa. La tesi del drama è che sarebbero questi ripetuti maltrattamenti ad averlo trasformato in uno psicopatico, non a caso la mazza da golf sembra essere una delle sue armi preferite. Un [i] villain [/i]tormentato e tormentatore, che si ama odiare e si odia amare.

Di solito si parla delle scintille fra la coppia principale. Qui la coppia non è romantica, ma le scintille ci sono, eccome! Si avverte immediatamente la tensione quando i due protagonisti entrano nella stessa stanza. Le riprese ravvicinate sono da brivido, sguardi e espressioni parlano di istinti omicidi, sfide e promesse di vendetta. Standing ovation.

Sul fronte degli attori secondari, menzione d’onore va fatta per il gruppo dei compagni di cella del protagonista, che sono spesso il collante che tiene insieme delle vicende carcerarie piuttosto lunghe, ripetitive e noiose. Le interazioni del simpatico mucchio ci regalano qualche sorriso, necessario come l’aria in mezzo a tanta, spesso inutile, angoscia.
Molto meno bene, per quanto mi riguarda, il comparto femminile che, a parte la bambina già citata, vede principalmente l’avvocata Kwon Yu Ri, praticamente inutile ai fine della trama, e la moglie di Cha Sun Ho, che sembra provvista di un’unica espressione per tutto il drama, ma che almeno ha un suo perché.
Lo stesso appunto di mancanza di espressività si può addebitare a Oh Chang Seok, che interpreta Kang Joon Hyuk, pubblico ministero amico di Park Jung Woo. Proprio vero che con certi amici non c’è bisogno di nemici.

Occorre poi notare come, dopo tante angosce e peripezie, la sconfitta del big boss avvenga in modo poco soddisfacente, decisamente piatto. Ci si aspettavano scoppiettanti fuochi d’artificio e invece si finisce con un petardo bagnato. Finale lieto, ma decisamente brutto. Ottimo però il comparto musicale, con diverse canzoni gradevoli ma, soprattutto, con la sua indimenticabile sigla iniziale strumentale [i]Till the end[/i] di SAN E. E menzione d’onore per le riprese, veramente eccellenti.

Per tirare le fila, un’interpretazione magistrale da parte degli attori principali, che mi ha tenuta incollata davanti allo schermo anche quando la ripetitività di alcuni frangenti e, soprattutto, la richiesta di sospensione dell’incredulità davanti a certe situazioni esacerbate e assurde si facevano eccessive. Una storia elefantiaca, a volte tirata troppo per i capelli, ma ben girata e recitata, con un ottimo commento musicale. Ma una storia di uomini, non venite qui a cercare personaggi femminili di rilievo, perché non ne trovereste. Si guarda, e si guarda con piacere, ma ci si domanda quale capolavoro avrebbe potuto essere se solo non si fosse voluto spingere troppo il pedale su certe situazioni e si fosse tagliato su altre. Peccato.

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Completed
Law School
0 people found this review helpful
Sep 24, 2022
16 of 16 episodes seen
Completed 0
Overall 10
Story 10
Acting/Cast 9.5
Music 10
Rewatch Value 10
Raramente ho trovato una drama di stampo legale così interessante e ben fatto. Law School è una produzione Netflix, e forse per questo si spiega l’impostazione dell’opera che, ai miei occhi di profana, è parsa di stampo molto occidentale.
So che c’è stato chi si è lamentato della complessità della trama, che alcuni trovano inutilmente intricata. L’unica cosa che posso dire è che non è una serie che si possa guardare col cervello scollegato, perché esige tutta, o almeno la maggior parte della nostra attenzione. Solo allora si potranno apprezzare le sottigliezze della trama, dei colpi di scena, spesso preparati con molto anticipo, e la deliziosa complessità dei rapporti interpersonali. E’ vero, come dice uno dei personaggi, che l’ambiente legale è tutto sommato ristretto, almeno in questo drama. Chissà se è vero che intere famiglie in Corea si dedicano alla professione forense, ma non vedo perché no, visto che esistono dinastie simili anche in Italia. Con queste premesse, è facile che in una università legale si concentrino studenti e professori provenienti dalla stessa cerchia o addirittura dalla stessa famiglia.
Quella che inizia con un omicidio all’università di giurisprudenza si rivela ben presto una vicenda molto più intricata del previsto, con radici molto profonde e lontane nel tempo. La sceneggiatura sapiente ci porta per mano alla scoperta di varie verità, più o meno vere, più o meno false. I professori, ma soprattutto gli studenti della scuola, avranno il loro da fare per scoprire i retroscena di situazioni sempre più difficili e pericolose, tra accuse di omicidio e di crimini vari e assortiti, passando per frequenti minacce alla propria libertà e financo alla propria vita. In questi scenari i rapporti di amicizia e familiari verranno messi a durissima prova.
Le trame sono fitte e a volte chi pareva tirare le fila dei giochi si rivela essere in realtà nient’altro che una pedina. I buoni della situazione dovranno fare squadra per salvare la situazione e la pelle, ma fortunatamente la produzione ha ritenuto di concederci un lieto fine, senza lasciare troppi fili appesi. Soprattutto, il ritmo delle vicende è ben strutturato e se, arrivati alla fine, sembra che manchi qualcosa, è solo perché in questo universo si sta così bene che si sarebbe voluti restarci dentro molto più a lungo e già guardando la sigla finale ci si sente in crisi d’astinenza. Spero proprio che ne facciano una seconda serie, con gli stessi attori. Purtroppo, pur avendo avuto una buona accoglienza, quest’opera non ha ricevuto il massimo dei voti, che meriterebbe molto più di altre simili, ma non allo stesso livello.
Già, gli attori. Sia i principali che i secondari hanno fatto generalmente un buon lavoro, anche se alcuni personaggi, come la madre di Kang Sol (B), il malvivente Lee Man Ho interpretato da Jo Jae Ryong, o il politico Ko Hyeong Soo, interpretato da Jung Won Joong, sono forse un pelino troppo caricati. Specialmente riguardo al collerico politico, ci si domanda come possa essere arrivato così in alto, vista la sua completa mancanza di diplomazia, la tendenza agli scoppi di rabbia e all’esagitazione. Però come malvagio della situazione bisogna riconoscere che ha fatto un buon lavoro: lo si odia veramente.
Ma, soprattutto, l’attore principale Kim Myung Min (professor Yang Jong Hoon), ha saputo ben interpretare un personaggio inizialmente molto respingente, esigente, duro oltre i limiti della maleducazione e, francamente, molto pieno di sé. Ma sarebbe molto riduttivo fermarsi alla prima impressione e, infatti, ben presto il nostro rivela di essere un burbero benefico quasi da manuale. I suoi metodi, per quanto poco accomodanti, hanno lo scopo e l’effetto di costringere gli interlocutori, e specialmente gli studenti, a pensare, cercare soluzioni alternative, linee di pensiero diverse dall’ordinario. E, dallo svolgersi dei fatti, possiamo dire che, almeno ai fini del drama, i suoi metodi non convenzionali funzionano.
La protagonista Kang Sol (A), interpretata dalla bravissima Ryu Hye Young, ci viene presentata inizialmente come una studentessa mediocre, una completa outsider dell’ambiente, provenendo da una famiglia povera. Nonostante le difficoltà e i complessi che comparativamente la sua situazione genera, si riscatterà mettendo in campo acume e impegno, risolvendo più di una situazione. Kim Eun Sook, la sua professoressa di diritto civile interpretata dall’ottima Lee Jung Eun, ci riserverà più di una sorpresa. Sono sempre quelle insospettabili…
Diversi personaggi sono accuratamente approfonditi, ne conosciamo progressivamente i pensieri e i retroscena, e anche di alcuni dei delinquenti più incalliti vengono forniti particolari che li rendono, se non simpatici, almeno temporaneamente meno disprezzabili.
Mentre si dipanano le fila di un [i]whodunit[/i] da manuale, l’opera porta avanti una spietata critica del sistema sociale e giudiziario coreani. Siamo in una scuola di giurisprudenza, le citazioni di leggi e sentenze si sprecano, ma gli autori ci guidano all’interno di questi labirinti portandoci per mano a scoprire le intricatezze legali senza mai annoiare, anzi, lasciandoci la distinta impressione di aver imparato qualcosa.
L’azione è supportata da un comparto musicale veramente azzeccato. I crescendo che sottolineano le sequenze più tese e le musiche che accompagnano ricerche e scoperte sono da manuale, spesso sottilmente inquietanti, e ci sono diversi titoli molto gradevoli, come [i]X[/i] di Safira.K., [i]We are[/i] cantata da Lee Seung Yoon o, ancora, [i]Monitus[/i] e [i]Justitia[/i]. In realtà, tutto il comparto musicale è altamente suggestivo e dovrei citare ogni singolo pezzo musicale, non solo quelli cantati. Vengono utilizzati molti strumenti, come violini o, addirittura, quella che pare essere una spinetta.
Occorre poi citare la magnifica cinematografia che, con l’uso sapiente delle inquadrature, delle transizioni, dei movimenti della macchina da presa, dei colori, ha saputo creare un prodotto non solo intelligente, ma anche molto gradevole agli occhi.
In sunto, un’opera che mi sento di raccomandare a tutti coloro che non disdegnino di impegnare nella visione di un drama qualcosa di più del minimo cervello indispensabile. Se quello che cercate è una serie intelligente, che faccia pensare, gradevole da guardare e da ascoltare, non andate altrove: è qua.

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Signal
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Sep 5, 2022
16 of 16 episodes seen
Completed 0
Overall 8.5
Story 8.0
Acting/Cast 9.5
Music 8.5
Rewatch Value 8.0

A mente fredda ne vedi i difetti

Signal è un k-drama del 2016 di stampo poliziesco/fantascientifico, in cui un profiler dal passato doloroso trova nel presente il walkie talkie di un poliziotto scomparso molti anni prima e, incredibilmente, parla con costui di casi irrisolti nel passato, cercando di risolverli, con risvolti anche pesanti nel presente.
E’ un drama con tanti punti positivi, ma anche diversi negativi.
Positivi:
- La tensione.
Ci sono pochi momenti di stanca, di solito perché stanno facendo un flash back. Le indagini sono serrate, e concatenate tra di loro. I colpi di scena abbondano. La storia in sé è molto appassionante.
- La cinematografia.
L’azione si svolge in un continuo ping pong tra il passato e il presente. Sarebbe difficile seguire le linee temporali, ma il passato ha un filtro molto più giallo e le figure leggermente allungate, là dove il presente vira al blu. Le transizioni sono spesso improvvise, magistrali.
- Gli attori.
Lee Je Hoon, che interpreta Park Hae Young, il poliziotto profiler nel presente, è un attore coi controfiocchi. La sua interpretazione è stata fenomenale. Jo Jin Woong, cui hanno affidato la parte di Lee Jae Han, il poliziotto del passato, ha saputo dar vita a un personaggio dolente, ma deciso. Kim Hye Soo, che interpreta Cha Soo Hyun, una poliziotta innamorata di Lee Jae Han, ha avuto molti alti e alcuni bassi, alternando momenti da oscar a scene poco convincenti, forse a causa degli occhioni perennemente spalancati che, alla lunga, diventano poco espressivi. Ma le scene in cui viene rapita sono qualcosa di veramente sublime. Non oso pensare come possa essersi immedesimata per recitare così: da brivido. Jang Hyun Sung riesce a farsi detestare nella sua interpretazione del cattivo di turno, talmente odioso da rasentare il disgusto. Ottimo lavoro! Ma anche tutti i vari comprimari e secondari hanno fatto un lavoro coi fiocchi, bisogna veramente applaudire il cast in toto.
- La colonna sonora.
Molto belle e dolenti opening e ending, nonché le musiche di background, non invadenti ma ben correlate alle scene.
Negativi:
- I poliziotti.
Diciamo che in una specifica stazione di polizia ci sono solo un paio di poliziotti onesti e lavoratori, tutti gli altri sono pigri o incapaci, disonesti, venduti, addirittura criminali. Sembra che tutte le indagini siano pilotate in modo da dare all’immagine della polizia (e agli affari di un certo politico) il minor fastidio possibile. Alla lunga la situazione genera fastidio, è poco credibile, suvvia.
- Il walkie-talkie.
Non ci viene minimamente spiegato il funzionamento dell’apparecchio, che sarebbe rotto ma funziona senza pile e mette in contatto due persone separate da 15 anni. E lo stesso uso che se ne fa a volte è poco determinante, lo spettatore freme sulla sedia esclamando: ‘ma digli questo, ma fai quest’altro, ma perché non gli dici…’ e così via. Un oggetto con potenzialità così enormi sembra essere sottoutilizzato.
- I comportamenti poco logici.
Vabbeh, siamo in dramaland, non sarebbe nemmeno da dire. Citatemene uno che proceda con logica perfetta da parte di tutti i personaggi dall’inizio alla fine, che vado a vederlo subito.
- Il finale.
Senza fare spoiler, l’ultimo episodio è piuttosto confuso e il finale è aperto. Sono passati diversi anni, quindi difficilmente ci sarà un sequel, e l’impressione che ho avuto è che comunque non fosse previsto.

Il fatto è che un drama non è quantificabile in termini di punteggi positivi e negativi. Puoi ripensarci a mente più fredda, e trovarci a posteriori tanti difetti che, mentre lo guardavi, stavano in secondo piano o proprio non percepivi, perché eri troppo impegnata a goderti l’ottima interpretazione degli attori. Mentre lo guardavi eri completamente assorta nella concatenazione degli eventi, presa dall’azione, assorbita dalle indagini, arrabbiata coi corrotti, e così via. Questo è il valore dell’intrattenimento. D’altro canto, il fatto che si insista così tanto sulla corruzione della polizia e sulla denuncia dell’ingiustizia che vede ricchi e potenti cavarsela sempre qualsiasi nefandezza compiano, ha un valore intrinseco. Anzi, ci dicono chiaramente che non solo i potenti se la cavano, ma che incastrano al loro posto qualche poveraccio che non ha soldi, amicizie e potere. E la cosa ci da tanto fastidio, sì. Forse perché magari è la verità?

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